Recensione. "Julie" di Ida Amlesù.
Dopo aver terminato la lettura di “Io, Casanova” ho cercato un romanzo con cui compararlo. Il secondo termine di paragone pareva introvabile, poiché nessun autore da me noto, e ancora in vita, ha saputo reggere il confronto. Ergo, mi poteva essere offerto solo dalla stessa autrice del testo. Così mi sono ritrovato ad esplorare una figura complessa e passionale nel terzo lavoro della Amlesù: “Julie”.
Entrambi i romanzi sono stati apprezzati per ragioni diverse, ed entrambi mi hanno costretto ad adottare diversi punti di vista. Come lettore ho preferito “Julie”. Tuttavia in veste di aspirante autore ho favorito “Io, Casanova”.
L’ultimo romanzo pubblicato vanta una forma e una struttura che il titolo oggi analizzato non possiede, rendendo quest’ultimo molto più accessibile del suo degno erede. Eppure “Julie” riesce a difendersi egregiamente proponendo al lettore una schiera di personaggi umani e indimenticabili. La protagonista, con la quale è possibile instaurare un parallelo in antitesi con Anna, respira tra le pagine del romanzo. Julie è un’automa. Una donna educata a essere un’arma. Una donna devota alla violenza e consacrata all’istinto. Puro corpo se paragonata ad Anna, mente e furbizia. La vendetta di Anna richiede il logoramento dell’anima, quella di Julie il s4ngu3. Dunque è possibile relazionarsi con una certa facilità nel momento in cui comprendiamo i meccanismi della mente della protagonista. Un altro tema rintracciabile nei due personaggi è quello delle maschere. Anna si auto impone una dicotomia tra i suoi volti che in Julie non è possibile trovare. Ella non dimentica quella sezione della sua vita che cerca di nascondere al mondo. Insomma, Julie è il perfetto prototipo di eroe di memoria omerica - Achille vestito da donna? No. Era Julie. E cantava di mucche e spade. Ma questa cosa non ve l’hanno mai detta - . Gli altri personaggi, quali meriterebbero un degno approfondimento, seguono la stessa linea d’onda della protagonista. Ben caratterizzati, vividi e reali.
In aggiunta: le vicende narrate sono ricche di pathos. Gli “antagonisti” provocano i moti dell’animo, le tragedie sono spade di Damocle - o Pericle, per uno dei personaggi - sempre puntate sulla testa del lettore. Con Julie si soffre, e si prova tanta, ma tanta rabbia.
Ma è possibile rintracciare un punto d’incontro tra i due titoli? Ebbene sì. Entrambi sono caratterizzati da un taglio didascalico che arricchisce la lettura. I periodi storici sono spolpati sino all’osso, la cultura e l’arte traboccano dalle pagine, le vite dei protagonisti - figure realmente esistite - sono romanzate quel poco che basta per farle conoscere a un pubblico più ampio.
Entrambi i romanzi sono stati apprezzati per ragioni diverse, ed entrambi mi hanno costretto ad adottare diversi punti di vista. Come lettore ho preferito “Julie”. Tuttavia in veste di aspirante autore ho favorito “Io, Casanova”.
L’ultimo romanzo pubblicato vanta una forma e una struttura che il titolo oggi analizzato non possiede, rendendo quest’ultimo molto più accessibile del suo degno erede. Eppure “Julie” riesce a difendersi egregiamente proponendo al lettore una schiera di personaggi umani e indimenticabili. La protagonista, con la quale è possibile instaurare un parallelo in antitesi con Anna, respira tra le pagine del romanzo. Julie è un’automa. Una donna educata a essere un’arma. Una donna devota alla violenza e consacrata all’istinto. Puro corpo se paragonata ad Anna, mente e furbizia. La vendetta di Anna richiede il logoramento dell’anima, quella di Julie il s4ngu3. Dunque è possibile relazionarsi con una certa facilità nel momento in cui comprendiamo i meccanismi della mente della protagonista. Un altro tema rintracciabile nei due personaggi è quello delle maschere. Anna si auto impone una dicotomia tra i suoi volti che in Julie non è possibile trovare. Ella non dimentica quella sezione della sua vita che cerca di nascondere al mondo. Insomma, Julie è il perfetto prototipo di eroe di memoria omerica - Achille vestito da donna? No. Era Julie. E cantava di mucche e spade. Ma questa cosa non ve l’hanno mai detta - . Gli altri personaggi, quali meriterebbero un degno approfondimento, seguono la stessa linea d’onda della protagonista. Ben caratterizzati, vividi e reali.
In aggiunta: le vicende narrate sono ricche di pathos. Gli “antagonisti” provocano i moti dell’animo, le tragedie sono spade di Damocle - o Pericle, per uno dei personaggi - sempre puntate sulla testa del lettore. Con Julie si soffre, e si prova tanta, ma tanta rabbia.
Ma è possibile rintracciare un punto d’incontro tra i due titoli? Ebbene sì. Entrambi sono caratterizzati da un taglio didascalico che arricchisce la lettura. I periodi storici sono spolpati sino all’osso, la cultura e l’arte traboccano dalle pagine, le vite dei protagonisti - figure realmente esistite - sono romanzate quel poco che basta per farle conoscere a un pubblico più ampio.
Vi è tuttavia una cosa che mi rimprovero. Avrei dovuto anteporre la lettura di "Julie" a quella di "Io, Casanova", poiché quest’ultimo romanzo, essendo molto più complesso, mi ha permesso di comprendere lo stile e cogliere tutti quei messaggi che l’autrice dissemina nel testo. Avendo già svolto questo lavoro su un testo più articolato, quando mi sono approcciato a Julie mi sono ritrovato a decifrare o comunque riconoscere con facilità quegli indizi che, sotto alcuni aspetti, hanno reso la lettura un po’ prevedibile. Questo aspetto può essere definito una lama a doppio taglio, poiché l’autrice scrive sempre su più livelli: il primo livello è costituito dalla voce dei personaggi e da ciò che accade sui vari palcoscenici; il secondo, invece, si manifesta in riflessioni o frasi che vanno oltre ciò che si intende comunicare in superficie.
Trama:
Francia, 1686. Sulla scalinata di rue de la Grosse-Margot, nei quartieri popolari di Parigi, vengono rinvenuti i cadaveri di due guardie del Re. Il luogotenente La Reynie non ha dubbi su chi sia il colpevole: la sedicenne Julie d’Aubigny. Spadaccina infallibile e orecchio assoluto, viene educata come un ragazzo dal padre e come una ragazza dal potente Conte d’Armagnac, che ne fa prima il suo giullare e poi la sua amante. Ma Julie non è creatura da farsi mettere in gabbia, e si ribella agli obblighi di un matrimonio di convenienza fuggendo nella notte, per vivere alla giornata con il complice Séranne, ex maestro d’armi e noto libertino. Braccata da La Reynie, perseguitata dal Conte e respinta dall’alta società – a cui pure appartiene per nascita –, Julie intraprende un tortuoso viaggio verso la libertà, durante il quale vestirà i panni del cavaliere e quelli della dama, conoscendo le imprevedibili sfumature dell’amore e la sua grande vocazione: la musica lirica. Prendendo spunto dalla figura realmente esistita di Julie d’Aubigny, virtuosa della spada e prima diva dell’opera francese, Ida Amlesù mette in scena un personaggio travolgente, spregiudicato e al tempo stesso fragile. Tra le pagine di questo magnetico romanzo, racconta una vita che è un inno all’anticonformismo, al coraggio di trovare la propria voce e di vivere senza compromessi, anche fra i dogmi e l’ipocrisia di una società di soli uomini.
- Il piccolo Perseo
18/07/25
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